06. La manna e la mannite

Mannite naturale e artificiale
La "mannite naturale" viene ricavata soltanto dalla manna perché la contiene nella percentuale più elevata. In commercio è reperibile anche la "mannite artificiale", che si ricava dalla fermentazione del melasso di barbabietola operata da alcuni schizomiceti capaci di ridurre gli esosi a mannitolo. La "mannite naturale" presenta una sofficità maggiore di quella artificiale.
La mannite svolge diverse funzioni nell'organismo umano, comunque conviene rivolgere l'attenzione non tanto a questo principio puro ed isolato quanto alla manna nel suo insieme. Infatti, essa contiene tanti altri principi attivi che, sebbene presenti in percentuale non molto alta, da un lato limitano l'azione della mannite e dall'altro allargano il campo d'azione della manna stessa.
Il fatto che la percentuale di mannite nella manna non sia costante è un fattore positivo, poiché consente di usare non un farmaco dosato in tutti i suoi componenti, ma una droga che, al pari di tutte le droghe di origine vegetale, presenta una certa variabilità qualitativa e quantitativa dei principi attivi contenuti.

Metodi per l'estrazione della mannite dalla manna
La mannite è il costituente principale della manna, dalla quale si ottiene attraverso diversi metodi di estrazione messi a punto nella seconda metà del XIX secolo.
Inizialmente la mannite veniva estratta sfruttando la sua solubilità nell'alcool bollente. Questo processo essendo molto costoso venne presto abbandonato dopo la diffusione del metodo di estrazione messo a punto da Ruspini, un farmacista di Bergamo che utilizzò una soluzione acquosa per l'estrazione della mannite. In particolare, la manna veniva disciolta in acqua bollente e chiara d'uovo, e lasciata raffreddare lentamente in vasi di rame o in contenitori di legno. Dopo due giorni la soluzione marmifera veniva filtrata e torchiata, separando il melasso dal panello di mannite. Con questo sistema, previo trattamento con acqua bollente e carbone animale, si otteneva mannite purissima con una resa del 25-30%. Questo metodo, essendo molto più economico del precedente, si diffuse rapidamente.
Una variante, che permetteva di aumentare la resa, consisteva nello sciogliere la manna in una soluzione di acqua e acido ossalico al 3%. L'amalgama formatosi veniva posta a riposare per 24 ore: in tal modo si separavano spontaneamente i residui vegetali per affioramento mentre le impurità terrose contenenti argilla precipitavano sul fondo per l'azione dell'acido. Ciò che rimaneva in sospensione veniva torchiato in modo da separare la componente liquida (melasso) da quella più solida da cui si ottenevano i cosiddetti "panelli".
I panelli venivano sciolti in acqua contenente allume (3%) e calce spenta (2%) in modo da ottenere una soluzione che dopo filtratura e raffreddamento, depositava la mannite in cristalli. Successive ricristallizzazioni nelle apposite forme permettevano di ottenere i classici coni o i panetti che venivano fatti asciugare al sole e, infine, levigati con adeguate lime per ridurli al peso di gr.250 o gr.500.